29 giugno 2005

I rebus di palazzo Trissino

La situazione politica in comune a Vicenza sta assumendo tratti paradossali, perché sulle prime sembra impossibile capire che cosa stia succedendo. Una tra le responsabilità è senz'altro di noi giornalisti, che non siamo andati a fondo della questione, magari lasciando da parte gli approfondimenti per stare dietro alle girandole di una cronaca amministrativa che da sola non è in grado fotografare con dettaglio sufficiente ciò che sta capitando nel capoluogo. Ben più gravi però sono i silenzi del primo cittadino forzista Enrico Hüllweck, il quale a fronte della più grave crisi mai capitata al suo esecutivo si sta comportando con scarso senso delle istituzioni, rifiutandosi di dare spiegazioni per la paralisi del suo centrodestra.
L'ANTEFATTO. La goccia che ha fatto traboccare il vaso rispetto ad una situazione già tesa tra i partiti della maggioranza della Cdl è stata l'intervista su Il Giornale di Vicenza a Maurizio Borra del 12 giugno. A Vicenza, tutti lo sanno ma nessuno lo dice, Borra non è solo in personaggio di secondo piano di Forza Italia, ma è uno dei consulenti legali di Gaetano Ingui. Quest'ultimo è a capo del più importante gruppo di costruzioni locali e per di più è un influente membro del consiglio di amministrazione di Athesis, la società che controlla proprio il giornale di Vicenza.
Il 12 giugno l'avvocato Borra, cui il GdV ha dedicato una intera pagina con tanto di intervista redatta dal direttore Giulio Antonacci, ha sparato a zero contro l'assessore all'urbanistica Maurizio Franzina. Un'intervista piena di toni duri, di attacchi personali e di messaggi in codice, che per gli addetti hanno un significato preciso. Il significato che sul versante dell'urbanistica (il più delicato per la vita del comune, visto che vi ruotano attorno interessi per centinaia di milioni di euro) è alle porte uno sconvolgimento.
IL PRIMO DUBBIO. Borra demolisce politicamente Franzina. Lo attacca soprattutto su alcuni piruea portati avanti dalla amministrazione (i piruea sono piani di riqualificazione urbana proposti dai privati alla giunta, che proprio perché di iniziativa non pubblica dovrebbero avere per i privati stessi una serie di oneri ben maggiori da trasferire a beneficio del comune). Borra però lascia in una sorta di limbo il sindaco, dimenticandosi che per i piruea la paternità politica è in primis del capo dell'esecutivo, mentre quella tecnica è dei privati stessi e degli uffici tecnici del comune, capeggiati dalla moglie del sindaco Lorella Bressanello, potentissimo direttore del dipartimento del territorio. In quest'ottica Franzina non è che il mero estensore di delibere che hanno il placet politico del primo cittadino (altrimenti non andrebbero in giunta) e soprattutto, la benedizione amministrativa della Bressanello; una benedizione assai più importante visto che la legge Bassanini affida la responsabilità delle scelte operative del comune non più ai politici bensì ai tecnici e agli alti funzionari comunali. Detto tutto ciò come mai Borra non attacca i due deus ex machina dei piani tanto contestati, ovvero i coniugi Hüllweck?
LA POSIZIONE DI FRANZINA. E così in questo scenario rimane da capire come mai Franzina sia stato oggetto di un attacco (sono le parole del consigliere leghista Franca Equizi) da parte del gruppo Ingui. I detrattori dell'attuale assessore all'urbanistica sostengono che quest'ultimo abbia avuto una gestione del territorio assai personalistica e che buona parte delle trasformazioni urbanistiche sponsorizzate da vari privati siano opera sua. Se questa interpretazione è corretta ciò significa che lo scontro di questi giorni sull'urbanistica va addebitato al fatto che probabilmente Franzina, portatore delle istanze dei nuovi volti delle costruzioni, abbia pestato i piedi al grande Ingui, lobbista tradizionale del mattone berico.
LO SCHEMA DEI POTERI E DELLE ALLEANZE. Così, se si assume per buona questa impostazione, si rende necessario un breve excursus per capire come si sono evoluti gli equilibri di palazzo Trissino.
Nel 1999 Enrico Hüllweck era stato visto come l'uomo nuovo; il sindaco che a tutti i costruttori doveva dare pari opportunità senza favoritismi. L'antidoto contro le politiche dirigistiche dell'urbanistica del centrosinistra, che vedevano una parte del centrosinistra medesimo molto vicino alle istanze di Ingui. Un centrosinistra che nel 1998 cadde proprio perché il blocco ostile al costruttore ed ai suoi alleati si impuntò su alcune questioni giudicate irrinunciabili (limitazioni delle altezze, rivisitazione dei grandi piani di urbanizzazione con più standard e opere a favore del pubblico, maggiorazione degli oneri di urbanizzazione a carico dei privati e via dicendo).
Nelle primissime fasi del suo gabinetto, Hüllweck tentò di muoversi in questa direzione, ma dopo il fidanzamento con Lorella Bressanello (già dipendente del gruppo Ingui secondo indiscrezioni giornalistiche mai smentite) l'asse dell'urbanistica si spostò a favore del gruppo Ingui fino al completamento nel 2003 del grande accordo sul piano Pomari e sul nuovo teatro col quale si siglava non un semplice armistizio con Ingui, ma un vero trattato di pace. Una pace giudicata inaccettabile da quasi tutto il centrosinistra, la quale costò l'allontanamento dell'allora segretario generale municipale Letterio Balsamo e per la quale Franzina, da poco divenuto assessore al territorio si adoperò affinché le parti (privati e comune) giungessero ad un accordo.
Il tempo però passa. Nel 2003 in una estate avvelenata il sindaco rivince le elezioni. In dicembre il primo scoglio è l'approvazione in un clima da ultimo scontro del piano per il comparto Cotorossi dove sorgerà il nuovo tribunale. A palazzo Trissino si dice che sull'area che fu del premier Silvio Berlusconi, aveva messo gli occhi pure Ingui, ma tra urla e risse verbali il piano passa per il rotto della cuffia. Il tempo passa ancora, si arriva alla data fatidica del 28 febbraio 2005 dopo la quale le maxi varianti ai piani regolatori avranno una battuta d'arresto. Inevitabile l'assalto alla diligenza, al sacco del territorio come da più parti viene definito in quei giorni in sala Bernarda. In consiglio infatti scoppia un inferno per la variante alla zona industriale. Faticosamente si raggiunge un accordo: gli industriali vicini a Franzina (e al sindaco) ottengono il sì alla variante che vale mezzo miliardo di euro. In cambio la giunta vota otto piruea. Alcuni di questi sono graditi al blocco che sponsorizza Franzina; uno invece quello di San Felice, il più cospicuo, è caldeggiato da Ingui e dalla provincia.
LA NUOVA MAPPA. E così arriviamo ai giorni nostri con una mappa del potere locale tutta da decifrare. Una ipotesi di schema è questa. Dalla parte del sindaco e della Bressanello c'è l'eurodeputato azzurro Lia Sartori, con lei Mario Giulianati e Gerardo Meridio. Franzina che non appartiene alla corrente politica che in Fi fa capo agli ex socialisti, appoggia comunque il primo cittadino. Anche l'area del Carroccio prossima al senatore Stefano Stefani sarebbe da ascrivere a questa cordata. Gli imprenditori vicini a questo schieramento sarebbero in primis la potentissima famiglia Amenduni (acciaierie Valbruna) e la famiglia Cestaro (centro commerciale Palladio-Unicomm). Sempre vicina alla Sartori ci sarebbe il blocco di Ponte Alto, ovvero di quella galassia di operatori immobilari che ruotano attorno a palazzo Oro e alle lottizzazioni limitrofe e che hanno nell'architetto Sergio Carta (ex vicesindaco socialista di Vicenza) il braccio operativo. Franzina invece sarebbe il faro dei volti nuovi appunto (non solo Cestaro quindi, vedasi lottizzazione a Vicenza est), ma anche quella galassia di piccoli e medi operatori che in parte nella zona ovest, ma soprattutto nella zona est ha chiesto durante gli ultimi tre anni la possibilità di ampliare o costruire.
Dall'altra parte ci sarebbe la fazione avversa. L'area politca di riferimento è quella della corrente democristiana di Fi che fa capo a Giorgio Carollo. Con essa, con peso forse ancor maggiore l'area della Lega che fa riferimento alla presidente della provincia Manuela Dal Lago. Un asse che più di qualche feeling lo trova pure nel centrosinistra che con i socialisti a Vicenza aveva governato a lungo. Gli sponsor economici di questo schieramento vanno ricercati appunto nel gruppo Ingui, in Massimo Calearo, presidente di Assindustria berica; un po' più defilati con posizioni tutte da definire e di attesa il presidente della Popolre di Vicenza Gianni Zonin e il patron della Fitt e della Vernice Immobiliare Rinaldo Mezzalira.
QUESTIONE MEDIATICA. Quest'ultimo schieramento, ha dato molte preoccupazioni al sindaco che da un pezzo si trova con poca copertura mediatica visto che il GdV è saldamente in mano al duo Ingui-Calearo e che Tva, un tempo di Mezzalira è data in vendita proprio agli industriali vicentini. Il 12 giugno Franzina non a caso parlò di "comportamento poco comprensibile da parte di una certa stampa" e non lesinò le stilettate nei confronti di Borra.
IL GRANDE DUBBIO. Non è allora che tutto questo trambusto sull'urbanistica è dovuto al fatto che l'ala dei lobbisti storici non gradisce l'invasione di campo da parte dei nuovi soggetti? Non è che il sindaco si è trovato in mezzo ad una guerra tra potentati economici nella quale non riesce più a mediare e che lo scalpo chiesto per Franzina sia un modo per dire "da ora si ritorna alle vecchie regole non scritte perché con questi ultimi piruea vi pappate tutto voi?" E non è per caso che dall'altra parte qualcuno è pronto ad aprire i cassetti, come a dire se cado io mi porto dietro, o peggio dentro, tutti?
In un clima del genere sono queste le risposte che il sindaco dovrebbe dare. Si ha l'impressione però che nessuno voglia mettere le mani in un termitaio in cui le operazioni poco limpide, semplicemente stando alle dichiarazioni di esponenti di maggioranza e opposizione, stanno da tutte e due le parti. Se quanto espresso sino ad ora non è vero o non lo è in parte, il sindaco deve farsi avanti e accettare un dibattito in aula, altrimenti dubbi e sospetti prolifereranno come i funghi ai piedi nel caldo di questi giorni. Se quanto prospettato è vero invece il sindaco deve dimettersi; perché in uno scenario da assalto alla diligenza o è rimasto a guardare o ancor peggio ha preso le parti una volta di uno una volta dell'altro.
LA QUESTIONE FONDAMENTALE. Tant’è che la questione fondamentale della quale nessuno vuole parlare è un'altra ancora. Questa risiede nelle modalità con le quali si sono redatti i piruea presentati in questi anni. Da una o dall'altra fazione. Il piruea proprio perché è un intervento in cui è il privato a chiedere "in ginocchio" il sì del comune dovrebbe dare tanto all'amministrazione. In termini brutali dovrebbe pagargli una sorta di pizzo a fin di bene per poter costruire. Con un indirizzo chiaro. Primo, le opere di urbanizzazione primarie (fogne, acqua, luce, gas, parcheggi e altri sottoservizi) costano una barca di soldi che si deve sobbarcare interamente il privato perché è lui a chiedere al comune di poter edificare. Secondo, fatto 100 il valore del costruito al comune deve spettare in ulteriori opere o in quattrini almeno 30 altrimenti non si tira su un mattone (escluse quindi le opere di urbanizzazione). Questa è la famosa urbanistica concertata come viene praticata in Gran Bretagna, in Germania o in Olanda dove se si scopre un abuso edilizio lo si abbatte subito e si addebita la spesa a chi lo ha compiuto. Sul quantum però i privati daranno al comune nessuno parla appunto. Perché questo ambito dei piruea viene taciuto? L'unico a farsi avanti coraggiosamente è stato il segretario cittadino di Fi Lele Galla che in aula senza remore ha detto in sostanza che i piruea sono un modo sicuro per far avere al comune 35 milioni di euro. La domanda è questa: sono sufficienti o no rispetto ai disagi che comportano? E non si rischia di depauperare per sempre il territorio civico? Un consigliere comunale inglese o tedesco direbbe che quella cifra va almeno moltiplicata per quattro perché, ricordiamolo, tutti i piruea messi insieme valgono mezzo miliardo di euro. E pantalone, cioè il comune “che ce pija” direbbero a Roma? Due aiule, la rotatoria di turno che serve al condominio di lusso per non essere strangolato oggi da un traffico che comunque lo soffocherà domani, qualche pseudo centro civico per nonnetti più o meno rincoglioniti ai margini dei grandi insediamenti. Comunque, al di là del fatto che siano urbanisticamente sostenibili o meno, se i progetti passano, il comune deve vedersi riconosciuto il giusto. I nuovi insediati infatti in che scuole manderanno i figli? Se le costruiranno nei piruea? Su che marciapiedi cammineranno, su marciapiedi privati lastricati di marmo dai costruttori? In quali parchi andranno? Di quali altri servizi godranno? Pubblici ovviamente, pagati da chi paga le tasse e da quei costruttori che hanno agito correttamente e che qualcuno vede quindi come poveri fessi. È bene quindi che con i nuovi piruea il privato paghi il dovuto, salato quindi, perché sarebbe inaccettabile che i margini di profitto spaventosi realizzati negli ultimi vent'anni dai vassalli, dai valvassori e dai valvassini del mattone (e forse dai loro lacché della politica) siano il frutto di qualcosa che invece doveva incamerare il comune. Il che spiegherebbe tra l'altro il perché della melassa urbanistica che ha reso la provincia di Vicenza, la provincia del Palladio, e il suo capoluogo, una accozzaglia inguardabile di case e capannoni.
Marco Milioni - Il Tracciante